Alessandro Agresti
Leggi i suoi articoliStretta tra i vicoli del centro storico nel Rione Campo Marzio, all’improvviso, su una piccola piazzetta, spunta la chiesa di Sant’Antonio, di fondazione rinascimentale: era all’inizio un rifugio per i pellegrini del Portogallo e, col tempo, divenne la loro chiesa nazionale. Si decise di lì a poco di ampliare il modesto edificio, che nel frattempo era divenuto troppo angusto: ecco allora che entro il 1638 venne terminata la geniale facciata di Martino Longhi il giovane, uno dei più valenti architetti di quegli anni.
Le sculture e i cornicioni fortemente aggettanti al pari delle semicolonne che s’affollano sostenendo una teoria di timpani spezzati nella parte superiore del fronte, con in bella vista lo stemma della stirpe regnante, rendono l’opera quasi un apparato effimero, come se l’edificio fosse stato addobbato per qualche importante ricorrenza e i decori non fossero poi mai stati rimossi. Ancor più fastoso il suo interno completamente rivestito di marmi colorati, la cui decorazione si protrasse fino a Settecento inoltrato sotto la direzione di Carlo Rainaldi, Cristoforo Schor, Nicola Salvi e Luigi Vanvitelli; altrettanto pregevoli le opere che lo qualificano.
La pala di Antoniazzo Romano con «La Vergine in trono col Bambino tra San Francesco e Sant’Antonio» è una delle rare opere del pittore che ci sono pervenute, proviene dalla chiesetta di Santa Maria della Neve a Palazzolo. La pala dell’altare maggiore e quella della cappella di San Giovanni Battista sono del marattesco Giacinto Calandrucci, che declina il solenne lessico del maestro in chiave di più leggiadra piacevolezza, al pari di quel che espletò Giovanni Odazzi, partendo dalla educazione gaullesca, con la squisita paletta con «Le beate Teresa e Sancia di Portogallo».
Vale la pena di soffermarsi brevemente su quest’ultima, la cui canonizzazione venne voluta quasi a forza dalla casata portoghese, che non aveva ancora avuto un suo parente in odore di santità: ovviamente si crearono per l’occasione storie e documenti ad hoc in modo da perorare la causa presso la Santa Sede. Nel Settecento venne scolpito da Filippo della Valle il vezzoso e sofisticato «Monumento a Manuel Pereira di Sampajo», ambasciatore pressa la Santa Sede e talent scout per Giovanni V di Portogallo che aveva una tale affezione per l’arte romana di quegli anni da farsi costruire una intera, sontuosissima cappella, decorata dai più valenti artefici capitolini, che venne poi smontata e portata via nave a Lisbona; venne esposta proprio a Sant’Antonio dei Portoghesi.
La commovente «Stele funeraria di Alessandro de Souza Holstein» licenziata nel 1808 da Antonio Canova, una delle sue opere romane meno conosciute, chiude la rapida carrellata tra i tesori custoditi da questa chiesetta, preziosa al pari di uno scrigno della fattura più ricercata.
CHIESE NAZIONALI DI ROMA
Arte e architettura da riscoprire delle comunità europee e regionali
Sant’Antonio dei Portoghesi
Santa Maria in Monserrato
Sant'Isidoro
San Nicola dei Lorenesi
Santa Maria dell'Anima
Santo Spirito dei Napoletani
Basilica di San Marco
San Salvatore in Lauro
San Giovanni dei Fiorentini
Altri articoli dell'autore
Curati da Simonetta Prosperi Valenti Rodinò, che ha integrato nelle parti mancanti il magistrale lavoro di Stella Rudolph, i due volumi costituiscono la prima, vera antologia dei dipinti e dei disegni dell’artista marchigiano
Nuovi ruoli degli artisti e formulazione di statuti per l'ente romano nella seconda metà del Seicento
Arte e architettura da riscoprire delle comunità europee e regionali
Arte e architettura da riscoprire delle comunità europee e regionali